Teenager, alcol e fumo: il nuovo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità
Secondo l’ultimo rapporto dell’ISS, i teenager italiani bevono troppo alcol e iniziano a fumare troppo presto: i ragazzi cercano l’euforia, invece si intossicano. Ecco come e quanto.
I teenager bevono troppi alcolici: un fenomeno in crescita, anno dopo anno, e in buona (si fa per dire) compagnia. Per esempio la prima sigaretta – o i primi tiri della “siga” dell’amico – si fuma già alle medie, e lo fanno soprattutto le ragazze. I dati dell’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità (ISS) sui teenager (i ragazzi di 11-15 anni) parlano chiaro: nel 2018, il 43% dei 15enni italiani (erano il 38% nel 2014), e il 37% delle 15enni (il 30% nel 2014) ha fatto ricorso al binge drinking, cioè ha bevuto cinque o più bicchieri di uno o più mix alcolici in un’unica occasione con l’intenzione di sbronzarsi.
Riguardo alle sigarette, anche se l’89% dei teenager ha dichiarato di non aver fumato negli ultimi 30 giorni dal momento della rilevazione dei dati del rapporto ISS, risulta che le 15enni fumano di più rispetto ai coetanei maschi: il 32% rispetto al 25%. Alcol e fumo, quindi, sono un binomio sempre più diffuso tra i giovanissimi che, bevendo, si sentono più simpatici, euforici e disinibiti – e fumando più grandi e indipendenti. Nella percezione comune più diffusa non ignorano che alcol e fumo li intossicano, ma rinviano il pensiero alla ricerca della loro piccola soddisfazione immediata.
Sbronzarsi insieme. Ogni anno, più di 3.000 minorenni finiscono al pronto soccorso per intossicazione etilica. Succede, di solito, le sere del fine settimana. Così ubriachi che non si reggono in piedi, cominciano a vomitare e stanno male, fino quasi a perdere conoscenza, tanto da richiedere l’intervento dell’ambulanza. Ma quelli che arrivano in ospedale sono la punta dell’iceberg. Almeno 700.000 adolescenti tra gli 11 e i 17 anni consumano alcolici (in barba alla legge che vieta la vendita e la somministrazione di queste bevande ai minori di 18 anni), e oltre 100.000 tra loro fanno binge drinking. Se consideriamo anche la fascia d’età tra 18 e 25 anni (dove il consumo occasionale o quotidiano riguarda quasi l’80% dei maschi e il 65 % delle femmine), si contano complessivamente in Italia quasi 1.600.000 giovani bevitori, tra cui 900.000 che “si alcolizzano” in misura smodata.
I numeri presentati nell’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità, illustrato in occasione dell’Alcohol Prevention Day 2019, fotografano un fenomeno dilagante. «Siamo il Paese europeo dove si inizia a bere più precocemente. E spesso il via libera è dato in famiglia: sono gli adulti a far assaggiare vino, birra o aperitivi a bambini di appena 11 anni», denuncia Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’ISS.
D’altronde, l’accesso alle bevande è alla portata di tutti: al pub, al bar, in discoteca, in pizzeria. Secondo un’indagine del Moige (Movimento italiano genitori), due volte su tre nei locali nessuno controlla l’età degli acquirenti, nonostante sia illegale servire da bere agli under 18. Addirittura, quasi la metà degli esercenti continua a vendere alcolici anche a minori visibilmente ubriachi.
Più nocivo per i minorenni. L’alcol è una molecola tossica per l’organismo, per chiunque, capace di danneggiare le cellule, soprattutto del fegato e del cervello. Ma nei ragazzini è ancora più nocivo. «Fino a 16 anni, infatti, manca l’enzima, chiamato alcol-deidrogenasi, necessario per metabolizzare l’etanolo ingerito e disintossicare il corpo», spiega Scafato, «e fino a 21 anni questo enzima non è completamente efficiente, per cui l’alcol resta in circolo più a lungo. Servono almeno due ore ai maschi e tre ore alle femmine per smaltire una birra o un calice di vino.» E quando non si è padroni di sé è anche più facile commettere sciocchezze, come salire in macchina o in motorino per tornare a casa.
Le stragi del sabato sera. Nonostante il Codice della strada preveda zero alcol fino a 21 anni, gli incidenti per guida in stato di ebbrezza sono ancora la prima causa di morte tra i giovani. Per sensibilizzare i giovani sono diffuse le campagne sul “bere consapevole”, ma «è uno slogan senza senso», afferma Scafato: «come si può parlare di responsabilità a chi ancora non ha sviluppato un cervello razionale? La piena maturità arriva solo a 25 anni e, nel frattempo, l’alcol ingerito tra i 12 e i 25 anni può danneggiare strutture cerebrali in piena formazione.»
I teenager “ragionano” con i lobi temporali, hanno un cervello irrazionale, emotivo, impulsivo. Crescendo, aumentano le connessioni nella corteccia prefrontale, che portano giudizio e autocontrollo, e si diventa adulti. «L’alcol interferisce con questo processo», spiega Scafato: «bere in questa fase può pregiudicare l’integrità della memoria e della razionalità, anche per il futuro». A rischiare sono soprattutto coloro che praticano binge drinking: il 17% dei giovani tra i 18 e i 24 anni, con picchi del 50% fra chi frequenta le discoteche.
Mi dai una siga? E poi c’è un altro problema: alcol chiama sigaretta. Chi beve tende a fumare di più, e viceversa. La nicotina è l’altra piaga che spopola tra i giovani: uno su cinque fuma abitualmente e quasi la metà dei minorenni ha provato a fare qualche tiro. Per curiosità, perché lo fanno gli amici, per vincere il disagio alle feste o sentirsi più attraenti. «La maggior parte comincia a fumare tra i 15 e i 20 anni, il 10% addirittura prima, tra 10 e 13 anni; più della metà dei giovani fumatori consuma tra le 10 e le 19 sigarette al giorno», dice Luisa Mastrobattista, ricercatrice del Centro nazionale dipendenze e doping dell’ISS.
Quasi tutti pensano “smetto quando voglio”, anche se poi non è così. «Quella giovanile è la fascia di popolazione in cui, anno dopo anno, registriamo il maggior incremento di fumatori», afferma Mastrobattista. In particolare, tra la terza media e la seconda superiore, sono le ragazze a fumare di più: il 24% contro il 16% dei ragazzi, secondo l’indagine Global Youth Tobacco Survey, coordinata nel nostro Paese dall’Istituto superiore di sanità. In seguito le differenze si attenuano e gli uomini arrivano a fumare più delle donne.
Sigarette elettroniche. E poi ci sono le E-Cig: fra i giovani la diffusione delle sigarette elettroniche ha ormai quasi raggiunto quella delle sigarette tradizionali. «Molti ragazzi iniziano a fumare così, senza essere stati prima fumatori di tabacco», dice Luisa Mastrobattista, «ma poi finiscono per affiancare la sigaretta elettronica a quella tradizionale, oppure passano a quest’ultima.» Riguardo ai rischi, «mancano studi a lungo termine», afferma la ricercatrice, «ma certamente la nicotina può essere la porta d’ingresso verso altre dipendenze».
Un fatto comunque è certo: come per l’alcol, anche per le sigarette i divieti non servono. Sette volte su dieci, in tabaccheria, i ragazzi riescono ad acquistare un pacchetto senza fatica, malgrado l’inasprimento della normativa che prevede il ritiro della licenza in caso di vendita a minori. Stessa cosa per le sigarette elettroniche: pochissimi negozianti rifiutano l’acquisto ai minorenni, come sarebbe invece previsto per legge.
Se hai dei sospetti sulle persone a cui tieni, contattaci.
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Indagini su assenteismo: come effettuarle e perché, tutti i vantaggi per le aziende
L’assenteismo rappresenta un problema molto serio che interessa, non solo le strutture pubbliche ma anche quelle private. È infatti frequente che molte aziende si rivolgano alle agenzie investigative o a un investigatore privato per scoprire e documentare casi di assenteismo illecito al fine di porre rimedio al problema. Un dipendente che colleziona troppe assenze crea una situazione ingestibile per gli altri colleghi e rappresenta un danno economico ingente per l’organizzazione. Secondo il codice civile, articolo 2119, prima della scadenza del termine del contratto si può licenziare una persona che senza preavviso non si presenta oppure che presenta dei documenti di vario genere, fasulli, per giustificare le sue assenze. La scelta migliore è il licenziamento per assenteismo, ma deve essere dimostrata la sua assenza ingiustificata.
Perché fare delle indagini su assenteismo.
Condurre indagini per assenteismo consente di collezionare tutte le prove documentali in grado di far licenziare senza rischi e perplessità, un dipendente assenteista o scorretto. Attraverso delle investigazioni per assenteismo si ha la possibilità di capire effettivamente se il collaboratore sta svolgendo il suo lavoro in modo giusto oppure no. Indagare sull’assenteismo significa riuscire ad avere qualunque tipo di certezza e risposta in merito a delle assenze sospette a lavoro.
Come può aiutare un indagine assenteismo per il licenziamento per giusta causa.
Un’indagine per assenteismo efficace supporta senza ombra di dubbio un datore di lavoro ad attivare il legittimo meccanismo di licenziamento per giusta causa. Infatti, il servizio offerto da un investigatore privato permetterà di avere un dossier dettagliato e ben documentato sui comportamenti illeciti e le assenze non giustificate da parte di un dipendente infedele. Procedere quindi con il licenziamento per giusta causa sarà passo successivo e legittimato grazie alla raccolta di prove che colgono il dipendente nello svolgimento di un secondo lavoro o impegnato in attività che non giustificano l’assenza a lavoro. Le ragioni che saranno scoperte attraverso il lavoro di un’agenzia investigativa permetteranno di giustificare qualunque azione intrapresa dall’azienda in merito al comportamento assenteista del dipendente infedele.
I casi più diffusi di assenteismo.
Vi sono diversi casi di assenteismo che di solito l’azienda deve affrontare nel corso della sua vita professionale. In ogni caso di licenziamento per giusta causa non può essere che la soluzione migliore. La condotta del lavoratore che ha agito in modo scorretto nei confronti dell’azienda, come assenza per falsa malattia o falso infortunio, rappresenta un grave danno economico e d’immagine alla società. Il ruolo dell’investigatore privato consiste nel trovare le prove adeguate e relative all’ingiustificato assenteismo mettendo il datore di lavoro nella giusta posizione di procedere con il licenziamento, arginando l’inadempienza ai danni dell’impresa. Affidarsi ad un’agenzia investigativa seria, affidabile e con anni di esperienza nel settore delle investigazioni private è la scelta che determinerà il successo o la sconfitta della vostra azienda.
Rivolgiti a noi.
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Cinque secoli di infedeltà scritti nel Dna
I figli nati fuori dal matrimonio in Europa sono molti meno di quelli che comunemente si pensa: circa l’1%, e sono più frequenti nei ceti poveri e operai, soprattutto delle città più popolose. Un dato che si è osservato nell’arco di cinque secoli, con il picco nella Rivoluzione Industriale, per poi ridursi nel ‘900, anche per il calo demografico. A raccontarlo è il Dna nello studio condotto dall’università di Lovanio in collaborazione con quella di Bologna e pubblicato sulla rivista Current Biology.
“Il dato rassicurante è che il tasso di paternità fuori dal matrimonio è basso, circa l’1% e non il 25% come si sente dire in giro, ma ha subito un picco che coincide con la Rivoluzione industriale nell’800, con la crescita demografica, soprattutto nelle aree urbane”, chiarisce Alessio Boattini, ricercatore dell’ateneo bolognese. Una conclusione cui i ricercatori sono arrivati unendo l’analisi del Dna con quella dei dati genealogici. Sono partiti selezionando un campione di 513 coppie di maschi adulti viventi, residenti in Belgio e Olanda che, sulla base dei dati genealogici, avevano un antenato paterno in comune e perciò dovevano avere lo stesso cromosoma Y.
“Dopo di che è stato fatto il confronto con il Dna, vedendo se tra le coppie che avevano un avo condiviso c’era corrispondenza a livello genetico. In caso contrario, ciò indicava che c’era stata una paternità fuori dal matrimonio”. Un’analisi che è stata fatta andando a ritroso nel tempo fino alla metà del 1500. Non sono state trovate differenze significative nel tasso di figli extra-coniugali tra i due Paesi, né tra le varie confessioni religiose (protestanti e cattolici), mentre è risultato molto minore tra i contadini, artigiani benestanti e mercanti (circa l’1%) rispetto a operai e tessitori del ceto più basso (4%). Non solo.
Più aumentava la densità abitativa, più aumentavano i figli fuori del matrimonio. I ricercatori hanno calcolato che variava da circa lo 0,5% delle classi medio-alte e gli agricoltori che vivevano in città scarsamente abitate al 5-6% delle classi più basse che vivevano in città più popolose. “Ci sono dunque dei fattori che influenzano i comportamenti sessuali e che sono legati alle circostanze sociali – conclude Boattini – Per il futuro contiamo di ampliare il campione studiato e magari svolgere lo stesso tipo di ricerca anche in Italia”.
Se sospetti che il tuo partner ti stia tradendo, contattaci. Siamo al tuo fianco nella ricerca della verità.
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Legge 104: attenzione agli abusi
Non è possibile fruire dei permessi della legge 104 senza assistere il disabile, pena il licenziamento. Ma vi sono alcune regole da seguire che è bene conoscere.
Per chi ha un familiare con hadicap grave, usufruire dei permessi retribuiti ex lege 104/92 può essere un problema se non si presta bene attenzione a come utilizarli. Come noto, la legge consente la fruizione dei permessi di assenza dal lavoro (fino a tre giorni al mese) a coloro che assistono parenti disabili in stato di gravità, purché non siano ricoverati o assistiti in strutture ospedaliere o sanitarie in via continuativa.
Cosa significa questo? Significa che se la persona da assistere è ricoverata a tempo pieno presso strutture sanitarie pubbliche o private, il lavoratore non ha diritto ai permessi delle legge 104, mentre se la stessa è ricoverata in via non continuativa (si pensi ad esempio ai centri di soggiorno diurno per anziani o alle case famiglia), è possibile usufruire dei permessi dal lavoro per assisterla. Questo perché, lo scopo dei permessi è quello di garantire al disabile l’assistenza sanitaria di un familiare di cui si ha diritto e che non viene concessa se il ricovero o l’assistenza sanitaria non è a tempo pieno.
Permessi legge 104, come si utilizzano
Se la persona disabile non è ricoverata, l’assistenza del familiare assume contorni non ben definiti, ma è bene sapere che ogni abuso sarà punito dalla legge e si rischia il licenziamento. Infatti, i permessi della legge 104 sono concessi solo per assistere la persona in difficoltà. Ma quali attività si possono svolgere durante il permesso? Come ha stabilito la Corte di Cassazione in diverse sentenze, la legge non impone al dipendente un’assistenza continuativa se ne ce n’è bisogno, ma nemmeno è permesso chiedere tali permessi per fare i propri comodi. Più precisamente il dipendente può allontanarsi di tanto in tanto dall’abitazione del disabile, anche per gestire le proprie esigenze cui non ha potuto far fronte durante la settimana lavorativa. L’unico obbligo è quello di non spendere gran parte della giornata per le proprie finalità e trascorrerla, invece, con il portatore di handicap.
Cosa dice la Corte di Cassazione
È vietato – dice la Corte di Cassazione – durante il giorno di permesso, riposarsi a casa, uscire con gli amici, fare attività sportiva o una vacanza.
È, invece, permesso fare la spesa, recarsi in farmacia, accompagnare i figli a scuola, insomma espletare tutte quelle piccole necessità che fanno parte della normale vita quotidiana di una famiglia e che non ricadano in un abuso dei permessi per assistere familiari con handicap. Quando si usufruisce dei permessi della legge 104 – precisa la Corte – il lavoratore è libero di graduare l’assistenza al parente secondo orari e modalità flessibili che tengano conto, innanzitutto, delle esigenze dell’handicappato. Il che significa che nei giorni di permesso, l’assistenza, sia pure continua, non necessariamente deve coincidere con l’orario lavorativo, proprio perché tale modo di interpretare la legge andrebbe contro gli stessi interessi dell’handicappato (come, ad esempio, nelle ipotesi in cui l’handicappato, abbia bisogno di minore assistenza nelle ore in cui il lavoratore presta la propria attività lavorativa).
Rischio licenziamento
Poiché lo scopo dei permessi ex lege 104/92 è quello di fornire assistenza alla persona affetta da disabilità grave in ambito familiare, viene esclusa la possibilità di usufruire di tali permessi per scopi personali o per evitare di andare al lavoro. In altre parole, i permessi sono concessi solo per assistere persone in difficoltà ed è un dovere del dipendente farlo. La violazione di tale principio è passibile di sanzioni in abito lavorativo fino al licenziamento. Numerosi sono i casi in cui il datore di lavoro ha accertato tramite investigatore privato che il dipendente usufruiva dei permessi delle legge 104 per andare in vacanza o quando i familiari disabili erano già assistiti a tempo pieno in strutture sanitarie. In questo caso, scatta, infatti, il licenziamento per giusta causa qualora il lavoratore abbia rilasciato false dichiarazioni al datore punibili penalmente.
Se pensi che un tuo dipendente stia utilizzando i permessi della Legge 104 in maniera impropria, contattaci.
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Proteggi i tuoi figli
Controllo minori: nulla è più importante della sicurezza dei propri figli.
Quando non sono a casa con noi, al sicuro, cosa succede ai nostri figli? Ci raccontano davvero tutto quello che fanno?
Sì, è vero, siamo bravi a vigilare e a controllare i loro movimenti, ma è anche vero che più li controlliamo più loro si sentono sotto pressione, soffocati, tendendo a mentire, a nascondere le loro abitudini.
Ecco quindi che il supporto di un investigatore privato diventa indispensabile per garantire ai genitori, nella massima discrezione, di essere a conoscenza di tutte quelle informazioni, inequivocabili e comprovate, necessarie per prendere le dovute scelte a tutela del minore, senza che esso si accorga di essere sorvegliato.
Andare incontro a delle scelte sbagliate, per un ragazzo molto giovane, è quasi inevitabile.
Quali sono i campanelli d’allarme che potrebbero indicare comportamenti scorretti da parte dei nostri figli?
- Sbalzi d’umore. Il ragazzo potrebbe avere atteggiamenti aggressivi, ostili, desiderando maggiore libertà.
- Nuove abitudini. Nostro figlio esce in orari anomali per le sue abitudini? Torna spesso più tardi dell’orario stabilito? Si chiude in camera per lunghi lassi di tempo durante il giorno?
- Oggetti sospetti. Accendini, coltellini, cartine, pipe, scatoline di metallo… sono tra gli oggetti più comuni per riconoscere l’utilizzo di sigarette o altro tipo di sostanze.
- Nuove frequentazioni. Iniziate a sentire che vostro figlio parla con persone che non avete mai sentito prima, che non avete mai visto, magari di nascosto, quando è solo?
- Trascuratezza e scarso impegno. Non curare la propria igiene personale e lo scarso impegno nello studio e in altri tipi di attività formative possono essere comportamenti che, soprattutto se sommati a quelli sopra elencati, potrebbero essere indicativi di situazioni anomale.
Un investigatore privato può essere impiegato per motivi quali:
- accertamento delle compagnie del minore
- verifica di utilizzo di alcolici
- verifica di utilizzo di droghe
- bullismo sia attivo che passivo
- assenza ingiustificata da scuola
- sospetto gioco d’azzardo
Se hai dubbi sul comportamento dei tuoi figli, contattaci. Siamo al tuo fianco nella ricerca della verità.
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Tradimento: ciò che fa male è la complicità
Perché anche un solo incontro sessuale dove non è affatto in gioco l’amore viene lo stesso considerato tradimento? Chi lo ha fatto ha l’impressione che sia una cosa da nulla, ma chi l’ha subito lo considera un atto gravissimo, imperdonabile: perché? Perché anche il semplice atto sessuale è la violazione di un tabù.
Quando due hanno fatto l’amore insieme, si sono spogliati, si sono mostrati nudi, abbracciati, baciati, hanno offerto all’altro il corpo, senza alcun freno. Ciascuno ha lasciato all’altro libertà di accesso ad ogni più riservata e segreta parte. Una volta iniziato il rapporto sessuale, si apre lo spazio ai desideri più capricciosi, vengono istantaneamente eliminati tutti i tabù e i freni. L’erotismo si esprime in percorsi naturali ma incredibili.
In sostanza essi si sono permessi dei gesti che prima, da estranei, erano proibiti. Se io per strada tocco il seno o il sedere ad una donna posso venire arrestato per molestie sessuali. La stessa azione invece è perfettamente lecita nel rapporto sessuale volontario. Coloro che lo fanno ne sono consapevoli. Per trovare una espressione che indica il loro nuovo tipo di rapporto, diciamo che hanno compiuto una infrazione, infranto le regole che valgono volontariamente e reciprocamente.
Questa violazione, nel linguaggio corrente fra due sposati o due amanti, viene considerato «tradimento». Il tradimento non nasce solo dal venir meno ad un impegno di esclusività sessuale. Se i due fanno l’amore perché ubriachi o drogati, l’atto può anche non essere vissuto come tradimento. Lo diventa se è volontario, perché crea un rapporto di complicità. Anzi possiamo dire che il singolo gesto erotico che conta è l’infrazione voluta insieme che modifica il rapporto.
Ora domandiamoci: dopo aver fatto tutte queste cose insieme, le due persone sono rimaste nello stesso tipo di relazione che avevano prima del loro incontro o sono cambiate? Sono cambiate perché, sia pure per un breve periodo di tempo, hanno abbattuto le barriere sociali e morali. Non è detto che lo facciano ancora, ma d’ora in poi possono farlo più facilmente. È questa complicità che viene vissuta come tradimento.
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Le donne tradiscono più degli uomini?
Il tradimento è un atto proibito molto diffuso e praticato. In Italia a tradire sono più le donne che agli uomini. Nella maggior parte dei casi alla base di un tradimento non c’è il desiderio sessuale ma la voglia di sentirsi accettati amati, speciali per qualcuno
Il tradimento non conosce crisi. Lo scorso anno l’Italia è stato il paese con la maggiore crescita nel numero di tradimenti (+18%).
Siamo nell’epoca in cui tradire è considerato al tempo stesso un “atto proibito” e una “tendenza molto praticata e diffusa”.
La società odierna basata sull’individualismo e la realizzazione personale ci incitano a perseguire la propria felicità. Prima si divorziava per infelicità e insoddisfazione del rapporto. Oggi ci si separa perché si matura la consapevolezza che meritiamo di più e di meglio per noi stessi. Si rincorre così uno status di benessere e felicità che spesso e volentieri sfugge al proprio controllo e di cui non si conosce la cognizione.
Un tempo il divorzio era fonte di vergogna. Oggi è invece diventato inaccettabile per molte donne rimanere intrappolate in una storia che non dona più nulla dal punto di vista umano. Ci si vuol sentire libere di essere sé stesse. Alla base di un tradimento non vi è solo l’avventura sessuale. La maggior parte delle persone tradisce non per il sesso ma per sentirsi viva e desiderata.
Gli psicologi infatti sostengono che ad orientarci verso il tradimento è il desiderio di attenzione, di sentirsi amati e speciali per qualcuno. Il desiderio ha alla base qualcosa di profondo e non ha nulla a che vedere con l’appagamento sessuale. Naturalmente a tradire sono sia uomini che donne indistintamente. Il tradimento può segnare sia la fine di un rapporto ma anche il riaccendersi della passione sopita. Eppure in Italia tradiscono più le donne degli uomini.
Tra le coppie più a rischio vi sono quelle con figli piccoli. Oppure i partner che hanno fatto scelte di vita drastiche e vincolanti. In questo caso il tradimento si attua perché ci si rende conto che i sacrifici fatti minano troppo la propria sfera individuale tanto da sentirsi destabilizzati e scontenti di sé stessi. Il tradimento può segnare la rottura definitiva di un rapporto perché non è facile accettarlo e superarlo.
Il tradimento mette in discussione entrambi i partner, sia chi lo compie che chi lo subisce. Molte coppie si lasciano dopo il tradimento perché non riescono più a fidarsi del partner. Si ha paura di una ricaduta. La fiducia è una componente fondamentale di un rapporto sentimentale. Una volta minata, il rapporto si ritrova senza una base solida.
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Tradimento ed investigatori di cui fidarsi
Il caso più frequente per cui le persone si rivolgono ad un investigatore privato è quello del tradimento: le foto che mostrano la relazione extraconiugale, se non contestate, sono la prova inconfutabile dell’adulterio, senza la necessità di ulteriori indagini investigative o di testimonianze.
Se l’indagine per infedeltà è svolta da un’agenzia o da un investigatore privato autorizzato è possibile ottenere non solo l’eventuale assegno di mantenimento o l’affidamento dei minori, ma anche l’addebito per colpa di cui si fa carico il coniuge infedele.
Quando si vogliono trovare le prove a conferma di un caso di infedeltà, il nostro consiglio è quello di rivolgersi a un investigatore privato esperto e abbandonare i metodi fai da te, che non hanno alcuna validità per il tribunale. L’investigatore privato è invece autorizzato a svolgere indagini investigative e a immortalare il traditore sul fatto con filmati e foto che riportano data e orario, da includere in una relazione tecnica che noi consegniamo al cliente al termine dell’indagine. Ecco perché è importante scegliere un investigatore privato con numerosi anni di esperienza alle spalle e assicurarsi che la consulenza sia semplice e chiara, ma soprattutto firmare contratti solo in prima persona e mai al telefono o a seguito di incontri in luoghi pubblici. Ricordiamo, infatti, che solo l’investigatore e il detective privato possono portare in tribunale filmati e registrazioni, che supportano la causa di separazione e, secondo la Cassazione, hanno valore al fine di incriminare la persona che tradito.
Ogni indagine sull’infedeltà coniugale e tradimento parte dopo aver fatto le opportune valutazioni con il cliente, in termini di azioni investigative da attuare e impegno economico necessario a ottenere risultati concreti. L’obiettivo dell’investigatore privato, figura estremamente esperta e riservata, è trovare prove utili a documentare l’infedeltà coniugale e valide in Tribunale, ma soprattutto redigere una relazione che potrà successivamente essere utilizzata nel contenzioso di separazione o divorzio.
La fedeltà, si sa, è uno dei doveri coniugali, ma pochi sanno che a livello legale essere fedele significa non avere rapporti sessuali con una persona che non sia il coniuge. Recentemente tale definizione è stata ampliata e ci sono casi di infedeltà coniugale che richiedono l’intervento dell’investigatore privato anche in assenza di relazione vera e propria. Ai fini della legge si considera oggi come infedele chi tradisce il rapporto di fiducia reciproca, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente.
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Tradimento, l’identikit degli infedeli esiste?
Il tradimento è una realtà antica quanto i rapporti umani e finché esisteranno le relazioni, esisterà l’infedeltà. È vero sarebbe bello potersi fidare ciecamente del nostro amore, ma del resto ammettiamolo, non tradire è soprattutto una scelta, perché istintivamente tutti prima o poi siamo attratti dallo sconosciuto.
Su questo tema si interrogano psicologi e studiosi per cercare di comprendere a fondo ile motivazioni per cui si tradisca. Ci ha provato anche un team di psicologi dell’Università Statale della Florida, indagando su segnali e “caratteristiche” che possono favorire la tendenza al tradimento. E, seguendo per 3 anni e mezzo oltre 200 coppie di neosposi, alla fine ha tracciato l’identikit del “fedifrago perfetto”.
Il modus operandi
I ricercatori, durante il periodo dell’indagine, hanno tenuto traccia di diverse informazioni sull’andamento delle relazioni, come la soddisfazione della vita di coppia sotto le lenzuola, eventuali tradimenti prima del matrimonio o da giovani, la capacità di impegnarsi in un rapporto a lungo termine. Dopo aver raccolto tutti i dati hanno iniziato a setacciare i segnali “predittori” della fedeltà e dell’infedeltà.
Cosa è emerso
La ricerca, pubblicata qualche tempo fa sul Journal of Personality and Social Psychology, ha fatto emergere alcuni elementi, alcuni abbastanza scontati, altri invece piuttosto curiosi: tra questi, per esempio, che le persone più soddisfatte della vita sessuale di coppia sarebbero quelle che hanno maggiori probabilità di tradire il proprio partner, per esempio, spiegando che ciò può succedere perché le persone hanno un approccio più “positivo” col sesso e probabilmente tendono a cercare piacere anche al di fuori del rapporto di coppia ufficiale.
Sono risultati più tendenti al tradimento anche i più giovani e quelli meno soddisfatti della propria relazione (in termini generali, non sotto il profilo sessuale). Ancora, più predisposti al tradimento sono risultati gli uomini con più relazioni a breve termine nel periodo prematrimoniale (era il contrario per le donne) e quelli con compagne meno piacenti. Le donne meno attraenti, infine, tendevano a tradire più di quelle considerate “molto belle”.
Due test specifici
Gli studiosi hanno infine provato a intercettare i “predittori di infedeltà” attraverso specifici test, focalizzando l’attenzione su due processi psicologici: il primo, l’”Attentional Disengagement” ossia la capacità di distogliere l’attenzione da una persona considerata attraente, il secondo, denominato “Evaluative Devaluation“, ovvero la tendenza a ridimensionare mentalmente l’attrazione verso un’altra persona: hanno sottoposto ai partecipanti fotografie di uomini e donne mediamente e molto attraenti, scoprendo che aveva minore tendenza al tradimento chi distoglieva prima lo sguardo dalle immagini e chi tendeva a svalutare l’attrattiva delle persone ritratte.
Ma sarà davvero così?
Diciamo che molto spesso, siamo in grado di capirlo da soli quanto il nostro partner sia persona fedele o tendente al tradimento. I segnali ci sono sempre, basta osservarli e prenderne atto. Sempre che si voglia. Perché comunque si sta benissimo anche senza saperlo.
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Fonte: GQ
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